Testimonianze - Fratres Massa

Fratres Massa

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VIVERE LA MIASTENIA

  Avevo solo quattordici anni, una vita piena di vita e un futuro ricco di speranze e di sogni come può avere solo ogni ragazzina di quell’età. I  miei vocabolari di greco e di latino, le mie scarpette da danza classica, la mia passione per la montagna, le mie Dolomiti, per quei sentieri percorsi con vigore e spensieratezza, con la certezza di raggiungere sempre la vetta. Proprio su un sentiero di montagna ho invece sentito improvvisamente cedere le mie gambe e quella meta, sempre conquistata senza fatica è diventata improvvisamente quasi impossibile da raggiungere… Così è cominciata la mia avventura con lei, a Miastenia Gravis, una malattia per me sconosciuta come lo è per la maggior parte delle persone fino a quando non arriva all’improvviso sconvolgendone completamente la vita. Questa malattia coinvolge tutti i muscoli volontari facendo perdere loro tono e forza. Così è successo anche a me e nell’arco di soli tre mesi anche i muscoli respiratori si sono fermati e io mi sono trovata in una Rianimazione attaccata ad un respiratore per poter sopravvivere. Sette lunghi anni sono rimasta in quelle condizioni senza soni, senza speranze, lottando quotidianamente con mille complicanze per poter sopravvivere… Poi la scoperta della patogenesi autoimmune della miastenia e l’inizio della terapia cortisonica mi hanno consentito di riprendere piano piano a vivere… Da questa terribile esperienza è nata quindi la mia voglia di studiare medicina e di dedicare poi tutta la mia vita professionale allo studio e alla cura di questa malattia.
  Sono così diventata un medico, specialista in neurologia e oggi ho in carico circa 4500 pazienti affetti da miastenia a cui mi impegno con tutta me stessa a ridare una vita normale come l’ho restituita a me stessa. Fra le varie armi terapeutiche a disposizione oggi abbiamo un'arma in più'. Ci sono infatti le immunoglobuline endovena, un derivato del sangue che ci permette di bloccare le fasi più acute e drammatiche della malattia. Per ottenere il quantitativo di immunoglobuline necessario per un trattamento per un solo ammalato di miastenia, della durata di 5 giorni, occorre lavorare il sangue di ottenuto da circa 250 donazioni. Ecco perche' oggi io mi sento in dovere di affiancato are le Associazioni di Donatori di Sangue nel sostenere la donazione per che" solo grazie al dono noi possiamo garantire a questi ammalati un presidio terapeutico che permetta di evitare loro un calvario sovrapponibile a quello ne io ho vissuto nella mia adolescenza.
A tutti gli sconosciuti donatori di sangue va quindi il mio grazie personale insieme a quello di tanti, tanti pazienti affetti da Miastenia.

Roberta Ricciardi
Medico neurologo Reso. ambulatorio per la diagnosi e la terapia della miastenia Gravis AOUPisa
(da Newsletter n. 2/2013 del Centro Regionale Sangue)

Donazioni sangue in calo,
il talassemico Tony Saccà chiede aiuto: “Le vostre paure uccidono più del Coronavirus"

 
Da anni lotta contro la sua malattia e per sostenere la raccolta plasma che vede la città agli ultimi posti. "Ho bisogno di una trasfusione ogni 15 giorni e non so se troverò disponibilità la prossima volta"
 
Sempre meno sangue per Coronavirus, il talassemico Tony Saccà: “Donate per regalare altri 15 giorni di vita a chi soffre come me"

 
“Ho più paura di morire per non riuscire a trovare sangue per la  prossima trasfusione che per il  Coronavirus”. Questa l’amara constatazione di Tony Saccà,  un talassemico che oggi più di ogni altro vive sulla propria pelle questa condizione di crisi  generata dal dilagare del Coronavirus. Crisi che acuisce una condizione già difficile per Messina, dove il problema delle donazioni di sangue attanaglia la città da quarant’anni. Una città all’ultimo posto in classifica in Italia per le donazioni di sangue e dove il numero di donazioni negli ultimi dieci giorni in seguito all’emergenza Coronavirus è diminuito drasticamente.
 
La storia di Tony è quella di un uomo messinese  che a causa di una malattia rara, una malattia dei globuli rossi carenti di emoglobina, ma che oggi così  rara non è perché conta circa 170 casi tra Messina e provincia e circa 2300 in tutta Sicilia, ha cominciato a fare trasfusioni a 11 mesi e da allora per vivere non si è più fermato.  
 
“La mia vita da talassemico è molto complicata- racconta Saccà- come quella di chi è affetto da questa malattia, bisogna fare trasfusioni ogni quindici giorni e controlli continui, perché per chi è in età avanzata come me subentrano ulteriori problemi di salute,  io soffro anche di  diabete”. Tutto questo però non gli ha impedito di costruirsi una  vita senza non poche difficoltà, perché la voglia di vivere ha  preso il sopravvento su tutto il resto.  
 
“Ringrazio i miei genitori se oggi ho un lavoro e una famiglia, loro sono sempre stati fondamentali, sostenendomi nelle cure e non facendomi sentire diverso rispetto ai miei fratelli- continua Tony-  ho fatto la scuola e  l’università con molte difficoltà, volevo andare a studiare fuori ma per la mia malattia non è stato possibile. Già da piccolo sentivo addosso il peso delle mie cure e sono diventato più responsabile".
 
Tony è stato un bambino  costretto a crescere troppo in fretta per via della sua patologia. Ad esempio per 35 anni  ogni notte per  12 ore doveva sottoporsi ad un’iniezione necessaria per la sua salute. Le persone come lui sono più soggetti alle malattie “ Nel ‘88 ho contratto l’epatite c, in forma grave  ne sono uscito con unghie e denti  dopo 10 anni , è successo durante la  mia adolescenza“ . Tony oggi è una persona che nonostante le difficoltà lavora come responsabile amministrativo  per un’azienda e insegna  informatica. “Sono riuscito a costruirmi una vita quasi normale  ed ho anche una splendida famiglia e  tre figli , loro sono la mia forza”.
 
La sua vera mission da tre anni si chiama Fasted Federazione associazioni siciliane di talassemia emoglobinopatie e drepanocitosi Onlus, di cui è presidente e grazie alla quale si  occupa di campagne di sensibilizzazione per far conoscere questa malattia nel nostro territorio:  “Mi sento in obbligo morale verso gli altri, verso le persone che mi stanno vicino, vado nelle scuole e nei centri di donazione dove  racconto la mia storia. A Messina non si dona per mancanza di informazione non per mancanza di sensibilizzazione, c’è bisogno di più informazione ”.  A tal proposito è stata avviata da Fasted insieme al Comune di Messina la campagna #selofaiseiunfigo per combattere il calo delle donazioni di sangue in città e non solo. In questo momento molto grave per la nostra comunità, Tony Saccà vuole concludere con  un appello: “Non uscite di casa per tutelare voi stessi e gli altri, uscite solo per necessità tra cui donare il sangue per regalare altri 15 giorni di vita a persone che soffrono con me”.
 
(MESSINATODAY - Isabella Molonia - 11 marzo 2020)
 
L’appello di un 13enne talassemico:
«Non potete capire cosa significhi il ritardo di una trasfusione»

Il tema di uno studente di terza media diventa quasi un manifesto per promuovere le donazioni di sangue, la Asl 2 segnala: «Le scorte sono al minimo»
OLBIA, 30 Luglio. «Quando al Centro Trasfusionale non c’è sangue e devo aspettare per fare le trasfusioni, per me diventa veramente difficile e faticoso andare in bicicletta e giocare fuori con i miei amici». Si conclude con queste parole il tema di italiano che ha concluso l’anno scolastico di Michele, uno bambino di 13 anni di Olbia, che frequenta una terza media della città.
Un tema che ha commosso la professoressa, ed è stato letto in classe ai suoi compagni; una lettera aperta che altro non è che un accorato appello, fatto da un bambino talassemico, che aspetta le trasfusioni «perchè non potete capire la debolezza che mi può portare la mancanza di sangue», scrive nel suo tema.

In questo particolare periodo in cui le scorte di sangue alla Asl di Olbia sono minime – si legge in una nota dell’azienda sanitaria -, la lettera di Michele diventa un invito per aiutare tutti i talassemici, seguiti dal Centro Trasfusionale della Asl 2 e di tutta la Sardegna, a vivere una vita uguale agli altri.
Nel tema Michele descrive cosa significa per lui esser talassemico: «Per questa patologia tendo ad assentarmi spesso da scuola.
Ci sono dei giorni in cui devo fare la trasfusione: mi iniettano un ago in vena per trasfondermi del sangue. Una cosa, che sono costretto a fare ogni 15 giorni, che può durare tanto: io vado alle 9 del mattina e finisco alle 2 del pomeriggio. Essa comporta mancare molto spesso a scuola perchè oltre alle trasfusioni faccio anche molte visite e prelievi. Queste cose mi fanno sentire a disagio con gli altri, ma non perchè sono talassemico, ma perchè manco molto a scuola e a volte mi sento stupido perchè venendo poco a scuola molte cose non le so».
La Asl di Olbia invita anche chi non dona abitualmente e i turisti ad avvicinarsi alla donazione: «Un grande gesto di altruismo, in grado di salvare la vita umana», afferma la direttrice del centro Maddalena Lendini.


DIARIO DI UNA TALASSEMICA

15 luglio - Oggi al Trasfusionale c’era l’infermiere carino. È stato con me tutto il tempo della trasfusione e, di tanto in tanto, mi accarezzava i capelli! Che bello. Mi ha promesso che ci sarà anche la prossima volta, però la dottoressa non ha fissato l’appuntamento. Dice che in estate c’è carenza di sangue e non si possono programmare le trasfusioni con largo anticipo.. avevo dimenticato questo aspetto dell’estate..

30 luglio h. 11:30 - Che caldo! Sono in camera con il condizionatore a palla: le mie amiche sono a mare, ma mia madre non mi manda.. dice che sono pallida e non posso stare al sole.. - h. 16:30 - Mamma ha telefonato al trasfusionale per fissare il prossimo appuntamento, ma non hanno sangue.. mancano 5 giorni e sono molto giù..

31 luglio - “Signora, riprovi domani”. Per fortuna oggi c’è un po’ di vento, così ne approfitto per fare una piccola passeggiata.

1 agosto - Ho sentito la mia mamma piangere.. Immagino che anche oggi sia andata male. Dalla mia cameretta guardo gli altri bambini correre e giocare fuori. Come sono fortunati…

2 agosto h. 10:30 - Oggi papà ha telefonato al trasfusionale, ma non è cambiato nulla. I banchi frigo sono completamente a secco. Il primario gli ha suggerito di contattare altri ospedali.. eppure io sono AB+! Qualsiasi sacca di qualsiasi gruppo mi andrebbe bene.. non capisco..sono triste e anche stanca. Mi capita spesso di sognare una GRANDE fabbrica di sangue! Come sarebbe bello se esistesse davvero.. così i miei genitori non sarebbero più così tristi. - h. 17:00 – Sono felicissima! Dopo una giornata passata al telefono papà ha trovato un centro trasfusionale con ben DUE sacche di sangue a disposizione! L’infermiere gli ha spiegato che proprio oggi una delle Associazioni di Volontariato ha consegnato 15 sacche di sangue! Menomale che ci sono loro! Ammiro questi signori che si donano con così tanto impegno..
il 4 agosto alle 8 di mattina sarò in ospedale e...speriamo che non ci siano intoppi. Il medico ha detto comunque di richiamare domani per conferma.

3 agosto - Tutto ok, domani sveglia alle 6 e alle 6:30 si parte! L’ospedale è a 150 km di distanza, papà ha preso un giorno di ferie per accompagnarmi..

4 agosto h. 8:45 - Ancora niente, uffa - h. 12:00 - Ho due notizie: una bella e una brutta! La bella è che finalmente ho fatto la trasfusione, la brutta è che ne ho potuta fare soltanto una..Stanotte c’è stato un incidente qui vicino: 2 feriti hanno perso un sacco di sangue ed è stato necessario soccorrerli. E poi oggi eravamo parecchi qui ad avere bisogno di una trasfusione! C’era anche un bimbo di 2 anni, tesoro mio.. il medico che l’ha preparato alla trasfusione ha indossato un naso rosso e la parrucca verde per non farlo piangere.. chissà se anche io da piccola piangevo prima di ogni trasfusione. Ora però l’ago non mi fa più paura, anzi: è mio amico! Tuttavia, ammetto che mi piacerebbe svegliarmi un giorno e sapere di non avere più bisogno di sangue.. aspetterei di compiere 18 anni solo per regalarlo a chi ne ha bisogno...

Non restare indifferente.. il bisogno di sangue non va in vacanza. Dona il sangue.. salva una vita!

fonte : Area Comunicazione Fratres Nazionale

La lettera della “madre coraggio” che invita a donare sangue

Erika Todisco, in una lettera, si rivolge a tutti i genitori e futuri genitori:   «Mia figlia aveva una leucemia linfoblastica acuta, è guarita grazie alle donazioni»

Livorno - Si chiama Erika Todisco: è la “madre coraggio” che, con una lettera pubblicata sui social network e inviata anche alla redazione del Tirreno, invita genitori e futuri genitori a donare (proprio in un momento in cui le donazioni sono in calo). Le trasfusioni, infatti, hanno salvato la sua bimba, Ginevra, che è guarita da una leucemia linfoblastica acuta. Ecco, di seguito, il testo integrale della lettera di Erika:

A GINEVRA , JACOPO , ANNA , SOFIA , LUCA,....
Questa mia lettera è rivolta a tutti genitori: il genitore è colui che non vorrebbe mai vedere soffrire il proprio bambino. Il genitore farebbe qualsiasi cosa pur di migliorare la vita del proprio piccolo. Ecco quello che è successo a me, Erika Todisco; donatrice Avis e socio genitore attivo AGBALT Onlus . Nel maggio del 2009 alla mia bambina di soli tre anni viene diagnosticata la leucemia linfoblastica acuta. In quel momento c’è crollato il mondo ... non è possibile che questo possa succedere a noi , perché? Perché alla nostra principessa?
Non potevamo crederci!!
Da quel giorno è cominciata la battaglia il primo anno di ricoveri più o meno lunghi , il secondo anno con terapia di mantenimento.
La leucemia è una malattia del sangue, il midollo (dove si produce il sangue ) comincia produrre cellule maligne; la chemioterapia deve uccidere queste cellule malate ..ma non solo.. Purtroppo uccide anche quelle buone , ed iniziano a manifestarsi effetti collaterali...
Passano i giorni , la nostra bambina è sempre più stanca ... i suoi capelli biondi cominciano a cambiare colore....
Cominciano a cadere.... Cala il valore dell’emoglobina, delle piastrine , fino a che non comincia a esserci la necessità di effettuare delle trasfusioni. Abbiamo anche perso il conto di quante trasfusioni abbia avuto bisogno ... !
Un giorno avrebbe dovuto fare una sacca di piastrine presso il reparto di oncoematologia pediatrico del Santa Chiara di Pisa dove era seguita , arrivò la dottoressa e ci disse che purtroppo non avrebbero potuto farle tutte perché mancavano donatori, saremmo dovuti tornare l’indomani ...
Ecco da quel giorno dentro di me è cambiato qualcosa :io che aveva paura di andare a fare anche un semplice prelievo del sangue ... per la grande paura che potesse succedere qualcosa per la mancanza di sangue o piastrine ho deciso di andare a donare e da quel giorno ogni mese mi reco al centro trasfusionale a donare , perché per me è diventato un gesto di altruismo , gesto che mi rendi felice .... Alla fine di ogni donazione so che quello che ho fatto ... potrà migliorare la vita di un altra piccola Ginevra Jacopo Luca Sofia e tanti altri bambini.
Questa storia ha un significato profondo per me , che sono la mamma di una splendida bambina Che oggi ha otto anni e mezzo ... ma potrà diventarlo anche per voi genitori che leggerete questa lettera , forse diventerete donatori .... Non è’ mai troppo tardi .... ognuno di voi deve pensare che la vita di ognuno di noi è come un libro, Del quale non sappiamo la trama e non conosciamo la fine ....vorremmo vivere una vita perfetta ma tante volte non è così... la malattia della nostra piccola ci ha aperto un mondo nuovo ....un mondo fatto di sofferenze unite ai sorrisi .... nessuno vorrebbe mai vedere il proprio figlio star male !
Tutto questo ci ha fatto capire che non si deve voltare le spalle , non si deve dire a me non interessa, non andrò a donare perché ho paura!!! Ginevra ha avuto paura quando doveva farsi mettere l’ago cannula per fare terapia ... ma aveva tre anni e mezza... Io ho avuto paura di perderla...
Ora non ho più paura di recarmi al centro trasfusionale a donare...
Puoi pensarci anche tu ...
Se sei in buona salute e sei più di kg50 ci potrebbe essere un altra Ginevra , Jacopo , Anna , Sofia , Luca,.... E tanti altri bambini che potrebbero aver bisogno di te!!!    

ERIKA TODISCO
QUANDO DONARE TI SALVA LA VITA…

Essere donatrice di sangue mi ha salvato la vita. Come? Verso la fine di marzo mi sono recata al Centro Trasfusionale di Pontremoli per effettuare una donazione di sangue , ma,  alla visita di controllo che sempre viene eseguita prima di una donazione, la dottoressa Elisabetta Sordi, mi ha riscontrato un soffio cardiaco.
Subito mi ha fatto fare gli esami necessari ad individuarne la causa. Purtroppo, effettuati tali controlli (elettrocardiogramma ed ecodoppler cardiaco), mi è stato diagnosticato un aneurisma di grado severo dell’aorta: subito sono stata ricoverata prima al NOA di Massa e il giorno dopo all’Ospedale del Cuore di Massa, dove, dopo ulteriori e più approfonditi accertamenti, sono stata operata dall’équipe medica guidata dal dott. C., subendo un intervento della durata di circa 6 ore e trenta, durante il quale è stata effettuata la sostituzione della radice aortica, dell’aorta ascendente  e dell’arco aortico prossimale.
Il cardiochirurgo mi ha detto che ho rischiato veramente la vita: sarebbe bastato un minimo sforzo per morire all’istante, considerata la gravità dell’aneurisma.
Devo riconoscere che non mi sarei mai rivolta al mio medico per i pochissimi sintomi che avvertivo, e che io addebitavo a uno stato d’ansia causato da qualche problema familiare, quindi la visita fatta prima della donazione si è rivelata veramente di  vitale importanza per me.
Ora sono passati quasi quattro mesi dall’intervento e, piano piano, sto tornando alla normalità, a fare le cose semplici che rendono bella la vita: abbracciare i miei cari (che ho rischiato di non vedere mai più), guardare il mio nipotino che dorme, passeggiare nel bosco,  raccogliere le more…

Per tutto questo ringrazio la Presidente dei “Fratres” di Filattiera, Ilenia Zoppi, che mi ha ricordato che era il momento di andare a donare,  ringrazio i medici e il personale tutto del Centro Trasfusionale di Pontremoli, del reparto Medicina e dell’Ospedale del Cuore di Massa, che, con competenza e professionalità, svolgono quotidianamente il loro lavoro. Salvando vite umane.

Ai giovani e ai meno giovani ancora indecisi dico ”Donare fa bene due volte: agli altri e al tuo cuore…”

FRATRES - Filattiera, agosto 2018
Virginia Romiti
PAOLA:
"LA MIA VITA LEGATA AD UNA "SACCA" DI SANGUE:
DONARE E' IMPORTANTE"

Paola, 38 anni e una vita meravigliosa da vivere, si ritrova all’improvviso a combattere con una brutta realtà: la sindrome di Moschcowitz. A salvarla l’amore e l’affetto degli amici che senza esitare hanno donato il sangue per aiutare “un cuor di leone”, oggi testimonial di quanto sia importante donare per salvare vite umane

COSENZA – “Serve urgentemente sangue, chiunque può lo doni presso il centro trasfusionale dell’ospedale di Cosenza”. Era il 9 gennaio quando intorno alle 10 del mattino su Facebook inizia un tam tam di richiesta di sangue. Più persone, associazioni pubblicano la richiesta di sangue. In più bacheche si legge lo stesso messaggio. Qualcosa è successo. Messaggi privati, chat su whatsapp, telefonate. Inizia la corsa contro il tempo perchè nessuno conosce la gravità della richiesta, ma si capisce che bisogna fare presto. Per i primi 45 minuti probabilmente a Cosenza si parla solo di trovare donatori. Non c’è molta disponibilità di sangue e non è facile trovarlo. Ma a chi serve? Sergio Crocco della Terra di Piero scrive in un post “Vi faccio una preghiera accorata. Per una nostra grande amica (per me è una sorella) serve URGENTEMENTE sangue da donare presso il Centro trasfusionale dell’Ospedale Annunziata di Cosenza. E’ un problema serio, non siate indifferenti”.
Nel frattempo iniziano a giungere le prime notizie per ricostruire un puzzler a cui mancano davvero troppe tessere. “Ciao, scusami, ma sai dirmi cosa sta succedendo? Abbiamo ricevuto sulla chat un messaggio di Paola: “Ragazzi, sono in ospedale, mi hanno trovato una malattia del sangue. Non vi allarmate ma mi serve sangue” . Paola…Paola chiede aiuto ma non sappiamo altro e cerchiamo di capire dove sia, in quale reparto e soprattutto che sta succedendo. Ma chi è Paola?
Paola è una ragazza di 38 anni, amante della vita, con due occhi grandi come il mondo e un sorriso che ti ruba l’anima. Paola è un cuor di leone, impavida e con una marcia in più, al timone di un’attività che le piace e con una gran voglia di non fermarsi mai. Paola, l’amica di tutti, la ragazza della porta accanto prende a pugni il tempo: per lei 24 ore sono poche, una giornata dovrebbe essere almeno di 48 ore. Insieme a Sergio Crocco e all’associazione Terra di Piero è partita anche per l’Africa, in Tanzania, per aiutare i meno fortunati.
Eppure la sera dell’8 gennaio qualcosa le cambia la vita. Conosce l’altro lato della medaglia, quello che quando ci sbatti col muso tante sfaccettature della vita le vedi in modo diverso. E’ il giorno che sorella morte prova a bussare alla sua porta; ma Paola, nonostante i minuti drammatici vissuti, in cui capisce che qualcosa di grave stava succedendo, con tutto il coraggio che ha decide di non aprire la porta e di tenersi stretta la vita che ama disperatamente, perchè a Paola piace da impazzire vivere….

“SONO UNA SOPRAVVISSUTA, GRAZIE AI MEDICI, GRAZIE A VOI MI SENTO BENE ED HO FIDUCIA NEL FUTURO”
«Ieri sera alle 22.30 era una settimana. Inizia così una breve riflessione che Paola, dal suo letto d’ospedale lascia sulla pagina Facebook per ringraziare proprio tutti, dai medici ai tanti che le sono stati accanto, ai 100 donatori giunti al centro trasfusionale grazie ai quali lei oggi, di suo pugno, può testimoniare l’importanza di donare, la potenza di questo gesto che può salvare tante vite umane -. «Mi si addormentava la mano, poi diventava di velluto,… poi il viso, poi non riuscivo più a parlare. Catapultata in ospedale in cinque minuti, da giovane ragazza un po’ esaurita, a paziente .. Una malattia rara . La porpora trombotica trombocitopenica (PTT o sindrome di Moschcowitz)… Me la sono beccata io. Ho sempre pensato che prima o poi mi sarebbe accaduto qualcosa di inaspettato ed ora so cos’è. Era lì dietro l’angolo, ad un solo minuto accompagnato da un pizzico di tachicardia.
Straordinariamente ho potuto ricredermi sul valore dei nostri medici e del nostro ospedale che mi hanno salvato la vita . Con l’aiuto, Come la chiama il professore Marino , della lavatrice che pulisce il mio sangue e lo rimette a posto. Grazie a questo sono ancora viva . Grazie a più di cento donatori fino ad oggi. Per favore se potete donare, fatelo. Io l’avevo fatto circa tre volte e non potrò farlo mai più . Come non potrò fare più tante cose, ma sono ancora qui e posso scrivervi questa storia, nella speranza che sia d’aiuto o d’insegnamento a qualcuno, e se posso e grazie a più di cento sacche trasfuse nel mio corpo . Dei momenti non sento niente , dei momenti è una tortura ma resta comunque una meravigliosa tortura , la lavatrice, grazie alla quale oggi sono qui. Senza quelle sacche trasfuse oggi sarei morta.
Vorrei darvi anche dei consigli. Se avete mal di testa fate le analisi, non prendete oki. Se fate la pipì scura, fate le analisi, non pensate sia il vino rosso bevuto la sera prima, come ho fatto io . Se siete stanchi riposate, non pensate di farcela perché sentite un po’, potreste non farcela; andare sempre a mille non vi porterà da nessuna parte. Non voglio sembrare presuntuosa, è solo un consiglio spassionato da sopravvissuta. Sono stata fortunata ma poteva andare diversamente se non avessi avuto sintomi e mi fossi addormentata. Ringrazio infinitamente i dottori del centro trasfusionale dell’ospedale che mi stanno curando e che hanno dimostrato di tenere ai propri pazienti come mai avrei potuto immaginare, così come il reparto di ematologia che mi ospita. Sono stata fortunata. Commossa e con il cuore in gola per la vicinanza che hanno e continuano a dimostrare tutti i miei familiari, fratelli, fratelli acquisiti, amici, il mio amore e la sua/mia stupenda famiglia. Grazie a voi mi sento bene e ho fiducia nel futuro. Grazie♥️
Se potete allora andate a donare. Non potrò più andare in Africa ma continuerò ovviamente ad aiutare la terra di Piero qui e cercherò di fare lo stesso con il centro trasfusionale dell’ospedale grazie al quale tante vite come la mia vengono salvate ogni giorno. Grazie ancora♥️»

LA “LAVATRICE” CHE TI SALVA LA VITA
Quella lavatrice è il macchinario delle trasfusioni. Ogni giorno da una settimana Paola effettua le trasfusioni….12, 15 sacche per volta che la devastano, ma la salvano. E’ forte, seduta in quel letto di ospedale, programma il suo futuro e la sua vita. Guarda fuori dalla finestra e vede lontano. Ma soprattutto ha toccato con mano la missione e la professionalità di medici e infermieri che prendono per mano i pazienti nella dura lotta chiamata “voglia di vivere”. In quel letto Paola sembra una condottiera: non la smette mai di parlare e di continuare a portare avanti la sua giornata, le sue attività, con quella gioia incontenibile e quel sorriso che spiazza sempre tutti gli amici. Adesso, tra l’altro, ha anche una nuova sfida da portare a termine: far capire l’importanza di donare…e come un piccolo Tsunami lei le sfide le vince sempre! Auguri Paola, c’è una città che ti abbraccia e ti sostiene sempre

Ha ricevuto la sua prima trasfusione a soli 11 mesi
Tony Saccà: “Io, talassemico, vivo grazie ai donatori”

“Il primo ricordo che ho di quando ero bambino, è la trasfusione di sangue che mi fecero al collo“. Tony Saccà, oggi, ha 45 anni. Ha scoperto di essere malato di talassemia alla tenera età di 11 mesi. Vive a Messina, dove è nato. Sposato e papà di tre figli, è il presidente di United Onlus, la fondazione che raccoglie su tutto il territorio nazionale circa 40 associazioni di pazienti con talassemia, drepanocitosi (detta anche “anemia falciforme”, provocata da una mutazione del gene che produce l’emoglobina) e altre forme di anemie rare.
Deve sottoporsi a una trasfusione di sangue ogni 15 giorni altrimenti, come confessa lui stesso, “non potrei essere qui a raccontare la mia esperienza”. Quella di Saccà è una delle tante storie di quei pazienti che hanno nei donatori e nella loro attività volontaria la propria principale, se non unica, speranza di vita. Quando noi di DonatoriH24 lo contattiamo, Tony è al policlinico di Messina in attesa proprio di sottoporsi alla trasfusione: “C’è un po’ da aspettare – spiega – la sacca non è ancora arrivata”. Qui è ormai “di casa”: è grazie a questa terapia che, a 45 anni, può dire di riuscire a garantirsi “uno stile di vita quantomeno normale che mi ha permesso anche di sposarmi e diventare padre di tre bellissimi bambini”. Ma c’è voluto del tempo.
Nei primi mesi di vita Tony sembrava un bimbo assolutamente sano: “Poi pian piano ho iniziato a manifestare forme di stanchezza sempre maggiori, fino a non riuscire ad alzarmi dal letto. I miei genitori mi fecero visitare e, a nemmeno un anno, mi venne diagnosticata la talassemia”. Le trasfusioni iniziarono subito, e il suo primo ricordo da bambino, come lui stesso racconta, è proprio della “puntura dell’ago nel collo mentre ero sdraiato a pancia in giù. Spesso è difficile trovare le vene dei bambini, così i medici decisero di intervenire in altro modo”. Quella puntura d’ago, a cui ogni quindici giorni si sottopone, è la sua garanzia di vita.
“Ogni mattina quando apro gli occhi ringrazio chi dona il sangue – racconta -. Se non fosse per i donatori non sarei qui. Da quando ho scoperto di essere talassemico mi sarò sottoposto a circa 2mila trasfusioni, quindi vuol dire che altrettante persone hanno contribuito a far sì che io potessi contare su quelle quantità di sangue”. E a Tony è sempre, per così dire, andata bene, nel senso che ha sempre avuto a disposizione le sacche compatibili con lui che è 0 positivo. Ma se il sangue non dovesse esserci? O se dovessero arrivare le sacche in ritardo? Cosa potrebbe succedere? “In quel caso bisogna procedere con una terapia ridotta o rimandare addirittura la trasfusione, ma in quel caso subentrerebbero una serie di problemi”. Saccà spiega quali: “Il primo effetto è il calo dell’emoglobina, con conseguenti sintomi di stanchezza accompagnati da dolori fisici. Nel mio caso schiena, cervicale e mandibola sono i punti in cui avverto i primi sintomi. Poi però si passa alle sofferenze d’organo, in particolare per il cuore che fatica a pompare il sangue”.
La sensibilizzazione e la spinta a portare le persone a donare è uno dei motivi che, nel 2012, hanno portato alla nascita di United Onlus e che, a oggi, ispira l’attività di Saccà e degli altri volontari: “Mi piace presentarmi di persona agli incontri con le associazioni di volontari e con coloro che donano il sangue. Credo che far conoscere i pazienti che ricevono il sangue sia il modo migliore per chiarire quanto importante e prezioso sia ciò che fanno i donatori. Per questo ne servono sempre di più”. Nonostante Messina sia un territorio in cui la raccolta di emocomponenti non rappresenti un fiore all’occhiello: “La nostra città è all’ultimo posto in Italia come donazioni di sangue. Ne contiamo circa 4mila all’anno, ma l’esigenza oscilla tra le 12mila e le 13mila – conclude -. Riusciamo a sopperire grazie alla compensazione regionale e a realtà a noi vicine, come ad esempio Ragusa, che rappresenta un’eccellenza non solo della Sicilia, ma dell’intero Paese”.

(Donatorih24 - 10 Luglio 2019 - di Emiliano Magistri)

L’emozionante filo che lega i donatori ai pazienti colpiti da Itp: la storia di Barbara

“Ricordo quando nel 2010 ho avuto una ricaduta di Itp e all’epoca sono andata in ospedale. Il mio compagno mi ha chiesto: “Quale gruppo di sangue hai?”
Ho risposto: “Zero positivo”. Lui mi ha detto: “Se ti serve il sangue te lo do io”. Oggi quando penso alla frase che si dicono gli innamorati, – il classico ti amo – non mi sembra abbia il valore di quelle parole”.
Barbara Lovrencic, presidente di Aipit (Associazione Italiana Porpora Immune Trombocitopenica), racconta la sua vita vissuta con Itp, una patologia rara.
La Piastrinopenia autioimmune è una malattia nella quale il sistema immunitario distrugge le piastrine e di conseguenza rende il paziente soggetto a emorragie più o meno frequenti. La cura, che viene somministrata ai pazienti nei momenti più severi delle ricadute è composta da immunoglobuline e in alcuni casi da trasfusioni di sangue.
Le immunoglobuline, spiega Barbara “sono un liquido trasparente che non ti fa pensare al sangue, ma proviene dai donatori. Quasi tutti i pazienti con Itp hanno ricevuto le immunoglobuline. Vengono utilizzate per situazioni in cui le piastrine sono a livelli molto bassi”.
E per ciò che riguarda l’esperienza personale con Itp racconta: “Sono molto grata verso i donatori. A quattro anni mi sono ammalata e la trasfusione più importante l’ho fatta a 9-10 anni.
Vedevo le sacche di sangue arrivare per me e mi ponevo più di una domanda. Mi chiedevo quante persone si fossero occupate di farmi avere quel sangue. Ricevere qualcosa da qualcun altro ti fa pensare di non essere solo”.
E aggiunge: ”La malattia è altalenante, quando stai male cerchi appoggio e conforto, quando stai bene cerchi di andare avanti con la tua vita il più possibile. Ma ogni volta che c’è una ricaduta grave, ci si sottopone a infusione di immunoglobuline
Ancora oggi, Barbara sente il valore emotivo del gesto: “Quando passo davanti all’ospedale e vedo la scritta Fidas mi emoziono sempre”.
Con l’epidemia di Covid, le cose tuttavia non sono come prima e Barbara ci racconta cosa è cambiato: “Tutto è diventato telematico e si fa tutto da remoto. Si evita di andare in ospedale per i controlli quando è possibile”.
Il presente tuttavia, sul piano dell’accesso alle cure non è negativo.
Barbara ce lo spiega con una nota di sollievo: “In Italia negli anni non abbiamo avuto segnalazione di mancanze di immunoglobuline.
Ma, poiché l’Aipit è fondatrice insieme ad altre associazioni dell’International ITP Alliance, cioè l’organizzazione che riunisce i pazienti di tutto il mondo affetti da questa patologia rara, sappiamo che negli altri paesi non è così”.
Infatti, aggiunge: “Nel 2018-2019 negli Stati Uniti si è verificata una mancanza importante di immunoglobuline, problema di cui si è discusso”.
E commenta: “Non avendo un sistema sanitario nazionale come il nostro, in America le regole di mercato influiscono sulla disponibilità di questo tipo di cura. Da sempre sono molto riconoscente del sistema sanitario italiano, nonostante tutti i suoi difetti. Confrontandolo con tutti gli altri sistemi europei ha sicuramente molti punti di forza”.
Il perché è lei stessa a indicarlo, con un esempio esplicativo. “In Inghilterra parlando con alcuni pazienti colpiti da Itp è emerso che uno dei fattori che fanno decidere al medico se utilizzare una certa terapia o no, è il costo. Ma non si rivela sempre la scelta migliore. Anzi.”
(DONATORIH24 - 2 Dicembre 2020 - di Laura Ghiandoni)

L’appello di un padre:
“Mia figlia ha bisogno di voi”
Elisa, 5 anni, ha una rara leucemia. Serve un donatore

“La malattia di mia figlia colpisce una persona su un milione, l’unica cura è il trapianto di midollo ma è raro trovarne uno compatibile”. Fabio Pardini, 56 anni, è il papà di Elisa, una bambina di cinque anni che da tre lotta contro un terribile male.
Fabio, originario di Pordenone, era un imprenditore nel settore della fotografia, quando a Elisa è stata diagnostica una rara forma di leucemia ha fatto il giro degli ospedali nel Triveneto, senza successo. Quindi ha preso la decisione di lasciare tutto e di trasferirsi, insieme alla compagna, a Roma dove la piccola è accudita dal personale ospedaliero del Bambin Gesù. Papà Fabio, per la sua bambina, si butterebbe nel fuoco se servisse ma sa che sarebbe molto più salvifico un donatore compatibile: “Lancio un appello a tutte le persone tra i 18 e i 35 anni per tipizzarsi nelle strutture dell’Admo e scoprire così se possono salvare Elisa o un altro bambino nelle sue stesse condizioni. Basta un piccolo prelievo di sangue, è un’operazione semplice che può salvare una vita”.
Fabio ci tiene anche a ringraziare la città di Roma e in particolare il quartiere, Della Vittoria, che lo ha “adottato”: “Desidero ringraziare tutti per esserci vicini in questa battaglia. Dal farmacista al tabaccaio, dal giornalaio al barista alle persone che incontro per strada, tutti qui ci fanno sentire a casa e fanno il tifo per Elisa e questo ci da forza”.
Papà Fabio ha attivato su Facebook la seguitissima pagina “Pardini Fabio per Elisa”, una sorta di diario dove annota le giornate della bambina in attesa che possa tornare a casa.
(DONATORIH24  - 21 Ottobre 2019 - di Sergio Campofiorito)
Maria:
“Trasfusioni per sostenere la chemio: estrema gratitudine ai donatori”

“Quando ricevo una trasfusione per me è come riemergere dalle tenebre”. Con queste parole Maria Papa, di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria, racconta cosa significa ricevere sangue durante una malattia. La terapia trasfusionale le è indispensabile dato che, oltre ad essere anemica microcitemica, alla fine del 2018 le è stato diagnosticato un tumore rinofaringeo, che l’ha obbligata ad alcuni cicli di chemioterapia. Il 6 febbraio, con un post su Facebook, ha ringraziato apertamente i donatori di sangue, e oggi intervistata da DonatoriH24 conferma: “Sono estremamente grata ai donatori. Ogni volta arrivo alla trasfusione che sono mezza morta, poi mi sento subito meglio”.
Maria, dall’inizio delle cure, si sottopone ciclicamente a delle trasfusioni che avvengono circa una volta al mese: “Siccome non riuscirei a sopportare la chemioterapia a causa dell’anemia, il mio medico mi ha indicato le trasfusioni di sangue come pratica da affiancare alla cura”. La procedura al momento è questa: “Ogni volta in base ai valori degli esami del sangue verifichiamo l’emocromo e le piastrine, se necessario mi trasfondono. Poiché la cura contro il tumore è molto tossica, quando inizio, mi è consigliato di bere molti liquidi”.
Nel post, che su Facebook ha ottenuto 2522 condivisioni e quasi 5mila like, dice: “Oggi ho fatto la mia quinta trasfusione e guardando la sacca appesa, che goccia a goccia mi ha permesso di stare meglio, il mio pensiero é andato a chi quel sangue l’ha donato gratuitamente. In un momento storico in cui tutti sono contro tutti, esiste una umanità silenziosa che dona speranza a chi, come me, ne ha bisogno per stare bene. Grazie anonimo donatore, chiunque tu sia“.
(DONATORIH24 - 13 Febbraio 2020 - di Laura Ghiandoni)
Agnese, sfuggita alla leucemia:
"Per chi riceve, si tratta di sopravvivenza”
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            “Avevo 18 anni, ero all’ultimo anno di liceo: a quel tempo pensavo alla maturità, ero abbastanza brava a studiare. Poi un giorno mi sono sentita debole, sono stata subito ricoverata e il giorno successivo stavo già facendo la chemioterapia. Non ho fatto nemmeno in tempo a rendermene conto: la mattina pensavo alle lezioni, il pomeriggio ero già nel reparto di ematologia dell’ospedale” Agnese Mattei, studentessa universitaria romana racconta cosa è avvenuto dopo che le è stata diagnosticata una leucemia promiolocitica acuta: “Prima di ammalarmi non credevo ci fosse un tale bisogno di sangue. Per chi lo dona è un piccolo sforzo, ma per chi lo riceve è una questione di sopravvivenza”.
La leucemia promiolocitica è una malattia sistemica del sangue che circola nei vari organi, soprattutto nel midollo osseo. Uno dei sintomi sono le frequenti emorragie: “Nei primi giorni ho dovuto tenere un tampone al naso per il continuo sanguinamento. Dopo alcune trasfusioni di piastrine ho potuto togliere il tampone. Mi hanno trasfusa molte volte nelle prime settimane di cura: sangue, piastrine e plasma, un giorno sì e uno no. I valori dell’emocromo erano fuori dalla norma, quindi ne avevo necessità per sostenere la chemioterapia”.
Agnese, racconta l’incontro con il sistema sangue nel Lazio: “Quando ho saputo che il sangue per me doveva arrivare dal nord Italia, perché a Roma non ne veniva raccolto abbastanza, mi sono chiesta incredula: possibile che non si trovi?
Ho parlato con i miei compagni di classe, li ho convinti a donare. Ho chiesto ai miei zii Pietro e Maurizio che sono donatori regolari di venire al San Camillo di Roma.
L’ho fatto anche per una forma di gratitudine, avevo ricevuto tanto sangue e volevo che ne fosse restituito un po’ per gli altri pazienti” Agnese è sopravvissuta alla malattia grazie al trapianto di midollo osseo della sorella ricevuto dopo il secondo ciclo di chemioterapia. Oggi continua il percorso di studio: “La malattia mi ha tenuta ferma due anni, dopo il diploma ho scelto di studiare medicina. Il mio progetto per il futuro? Credo di specializzarmi in ematologia”.

(DONATORIH24 - 20 Febbraio 2020 - di Laura Ghiandoni)

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